Gli impianti per lo stoccaggio delle merci – prima parte

Lo stoccaggio delle merci rappresenta la cosiddetta fase statica della logistica.

Esso si manifesta all’interno dei magazzini di stoccaggio, ossia dove è previsto che la merce sia presente per tempo prolungato, ossia dove vi sia stock di beni. Non rientra in questo caso il magazzino di transito (transit point), dove la merce non deve giacere per lungo tempo: esso infatti è strutturato per ricevere, smistare, consolidare e ricaricare le merci in un breve lasso di tempo.

Nel caso del transit point dunque non sono necessarie particolari strutture per la tenuta delle merci; nel caso dei magazzini di stoccaggio occorre invece studiare e progettare strutture specifiche per la messa a dimora delle merci. Queste strutture variano a seconda della tipologia delle merci da stoccare (tipicamente in funzione di pesi e volumi), oltre che delle necessità operative richieste al magazzino (per esempio, indice di accessibilità alle merci, frequenza di accesso, presenza di particolari attrezzature di movimentazione, eccetera).

Vediamo le diverse tipologie di strutture per stoccaggio, indicandone l’uso più indicato.

Scaffalature portapallet
E’ la struttura ideale per gestire merce pallettizzata con elevate quantità di referenze di prodotto. Semplice da gestire, poco costoso da impiantare e mantenere, rappresenta la soluzione più frequente, fornendo un ottimo punto di incontro tra prestazioni e costi. I punti di forza operativi sono la flessibilità di impiego e l’indice di accessibilità massimo (tutta la merce è accessibile senza doverne movimentare altra). Richiede l’utilizzo di carrelli elevatori frontali o a montante retrattile.

Scaffalature drive-in
Questo tipo di scaffalatura è la migliore soluzione per lo stoccaggio di merce pallettizzata omogenea per codice a lenta rotazione, secondo la logica di gestione stock LIFO (Last In First Out). Consente uno sfruttamento specifico dello spazio al massimo livello, garantendo d’altra parte una accessibilità massima per codice di prodotto, anche se limitata per unità di movimentazione (handling unit). Richiede l’utilizzo di carrelli elevatori frontali.

Scaffalature a gravità
Si tratta dell’impianto migliore per gestire la rotazione automatica delle unità di carico per merci omogenee per articolo secondo la logica di gestione stock FIFO (First In First Out). E’ costituito da una scaffalatura simile a quella utilizzata per il drive-in, dotata di corsie di scorrimento a rulli, in pendenza dal punto di inserimento dell’unità di carico verso il punto di estrazione dell’unità di carico. In tale modo il rifornimento di nuova merce avviene sempre da un lato, e l’estrazione da quello opposto, mentre i pallet vengono rallentati da sistemi meccanici lungo le corsie di scorrimento.
Esiste anche la variante per gestione stock a FIFO, chiamato push- back.

Vedremo nella seconda parte le strutture dotate di parti in movimento, utilizzate per la parziale o totale movimentazione delle unità di carico.

Buona logistica!

L’impostazione di metodo nella gestione delle scorte

Nel post precedente abbiamo tratteggiato quali risultati si possano ottenere dalla gestione ottimale delle scorte, valutando che esse sono sia un costo che un’opportunità per l’azienda.
In questo post analizziamo più nel dettaglio il metodo da impostare per ottenere proprio questo miglioramento nella loro gestione.

Come è noto, le principali finalità di un buon sistema di gestione delle scorte sono due:
- assicurare all’utilizzatore l’esistenza a magazzino (disponibilità) dei materiali necessari all’attività industriale nel momento in cui essi necessitano;
- contenere al minimo i volumi di merce giacente (immobilizzi), gli oneri di gestione (costi di magazzino) e quelli di conferimento degli ordinativi ai fornitori (costi di approvvigionamento).

Tali contemporanee finalità, di per sé contrastanti, possono essere conciliate mediante l’uso combinato di metodologie specifiche e di strumenti opportuni, che permettono a loro volta di agire su due fronti:
- pianificare gli approvvigionamenti dimensionando i fabbisogni di materiale sulla base di analisi statistiche, storiche e previsionali, ed effettuare i riordini a cadenza programmata;
- gestire il magazzino in logica di flusso tenendo sotto controllo continuo gli specifici indici gestionali (indici di rotazione, livelli di scorta minima, lead time dei fornitori, eccetera).

La scelta della logica di pianificazione dei fabbisogni dipende da fattori locali, differenti per tipo di azienda e di processo di trasformazione, migrando dal classico modello MRP (Material Requirement Planning, che mette in fila gli «appuntamenti» a ritroso partendo dalla data prevista di disponibilità finale e arrivando a definire le singole date iniziali di emissione degli ordini di approvvigionamento) al più evoluto concetto di «transito a flusso», derivante dall’applicazione della metodologia JIT.

Il buon senso comunque insegna che la prima cosa da farsi è la suddivisione dei materiali per fase a ciclo (materie prime, semilavorati, componenti finiti) e per categoria di utilizzo (consumo corrente, per commessa, ricambistica, articoli declassati e scarti, ausiliari, ecc.).

Bisogna quindi definire e dimensionare correttamente per singolo codice i valori dei parametri caratteristici (consumo annuo, giacenza media, classificazione ABC, Lead Time di approvvigionamento, unità di imballaggio, lotto di approvvigionamento o di produzione, livello di scorta di sicurezza, punto di riordino, eccetera), secondo gli algoritmi di calcolo e di contabilizzazione standard proposti da qualsiasi procedura informatica dedicata.

Occorre poi fare il bilancio di convenienza costi / opportunità.
Si sa che il rischio è insito in ogni scelta, compresa quella di mantenere o meno livelli cautelativi di scorta. È importante quindi valutare i pro e i contro di una possibile decisione a riguardo, anche attraverso una semplice stima delle implicazioni economiche a fronte di azioni tecniche. Occorre individuare un punto di equilibrio, che si trova in corrispondenza al valore minimo della somma dei costi da sopportare in funzione del livello di garanzia del servizio che si richiede alla presenza di scorte.

Un chiaro esempio su quanto esposto può essere costituito dal metodo conosciuto come matrice incrociata ABC scorte-fatturato, applicabile a qualsiasi tipologia di scorta e finalizzato a ricavare una serie di indicazioni utili sia per ritarare le politiche di gestione delle scorte che per ridurre il valore del montescorte.

In pratica, classificando il fatturato secondo il criterio ABC della nota legge di Pareto, si ottengono tre categorie di prodotti approssimativamente così suddivisi:
- classe A: il 20% del numero di codici costituisce l’80% del valore di fatturato;
- classe B: il 30% del numero costituisce il 15% del valore;
- classe C: il restante 50% del numero costituisce il residuo 5% del valore.

Applicando lo stesso processo di calcolo al montescorte (valore di giacenza media dell’anno per codice) si ottengono tre categorie analoghe alle precedenti (A = 20% del numero di codici pari all’80% del valore di montescorte). A questo punto «incrociando» le due classificazioni si ottiene l’appartenenza di ogni singolo codice ad una delle nove possibili combinazioni di classe scorte-fatturato, da AA (classe A di fatturato, classe A di scorte) ad AB, AC, BA, ecc. fino a CC.

Si può dimostrare che ognuna delle appartenenze risultanti evidenzia situazioni ben precise e propone soluzioni quali ad esempio:
- classi AA e BA: gestione ottimale prossima a metodologia Just in Time;
- classi AB, BB, BC: consigliata la gestione a punto di riordino;
- classe AC: consigliata l’eliminazione del prodotto (in alternativa gestione per commessa);
- classi CA e CB: necessita il controllo continuo e sistematico dei parametri caratteristici;
- classe CC: nessun problema di gestione.

Non va dimenticato che la matrice è dinamica, cioè variabile nel tempo. È quindi consigliabile utilizzarla periodicamente, per verificarne le modifiche di contenuti per classe. Ed è proprio dallo studio di queste migrazioni interne che si sviluppano le azioni più efficaci di miglioramento della gestione e di riduzione delle scorte.

Queste considerazioni, sempre opportunamente interpretate, forniscono sempre una traccia di come impostare la gestione scorte nei casi reali.

Buona logistica!

Gestire le scorte di magazzino: recuperare redditività correggendo i parametri

In questo e nel prossimo post torneremo sull’argomento della gestione delle scorte. Esso rappresenta una parte importantissima nella gestione della logistica, e ancora di più in momenti di ricerca dell’efficienza aziendale come quelli attuali.

In questo post daremo una visione di massima di quanto valore possa portare all’azienda la migliore gestione delle scorte; nel prossimo vedremo invece come impostare il metodo di gestione, e illustreremo una metodologia di analisi incrociata fatturato/scorte.

Nel recente passato il frequente fallimento di tentativi di applicare il metodo JIT (Just in Time, cioè con scorte tendenti a zero) a realtà di piccola e media impresa ha portato alla revisione degli approcci più estremistici. La realtà dei fatti ha dimostrato invece che la presenza di una certa quantità di scorte in un’azienda è il più delle volte, malgrado gli inconvenienti che essa comporta, utile se non addirittura indispensabile. Ma poiché le scorte costano, è necessaria una oculata gestione che ne garantisca il migliore uso.


Rimane inteso che qualsiasi scorta che sia costituita per uno scopo diverso da quello che esce strettamente dalla specifica definizione (scorta = quantità di materiale in attesa di prossimo impiego che permette di rifornire l’utilizzatore su sua richiesta senza attesa di produzione o consegna da parte di fornitore terzo) o dalla ricerca di vantaggi diversi non costituisce oggetto di gestione delle scorte.


Non si accumula per accumulare nè per crearsi illusioni di economia di scala (non è necessariamente vero che «compro di più così pago di meno»). L’unica giustificazione dell’esistenza di una scorta è la sincronizzazione dei flussi delle consegne a quelli del consumo.


Molto spesso la questione delle scorte in talune aziende, peraltro dinamiche su altri fronti ed attente all’ottimizzazione dei propri fattori produttivi, appare circondata da un alone di mistero. Da gestioni poco “ della presenza dei cosiddetti «cadaveri» (componenti obsoleti), sia l’ineluttabilità dei «mancanti» (rotture di stock) e di ricorrenti differenze inventariali. In realtà di misterioso non c’è proprio nulla e di veramente inevitabile ben poco, mentre è evidente la possibilità di recuperare redditività correggendo i parametri gestionali.


Non è raro infatti che l’ammontare annuale degli approvvigionamenti di materiale risulti prossimo al 50% del giro d’affari, mentre la giacenza media delle scorte si assesti intorno al 20% dello stesso. In tali condizioni risparmi anche solo del 10% su tali valori possono incidere in misura significativa, pari a diversi punti del margine lordo aziendale.


Una sana gestione degli approvvigionamenti e degli stock può e deve essere realizzata in tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione, mediante accorgimenti facili da adottare, poco costosi ma idonei a ridurre i costi logistici.


Buona Logistica!

Analizzare un sistema logistico – seconda parte

Nella prima parte abbiamo visto la distinzione tra i due rami della logistica, quello ascendente (dal produttore al consumatore, detto Logistica Distributiva), e quello discendente (dal consumatore al produttore, detto Reverse Logistic o logistica inversa).
Entrambi i rami logistici possono poi essere costituiti secondo diversi modelli, che si riconducono a due concetti di base: la rete logistica centralizzata e la rete logistica distribuita.

Questi modelli differiscono per la struttura di base, e per la differente collocazione degli investimenti e dei costi. Li vediamo più nel dettaglio.

La rete centralizzata
Essa è basata sull’esistenza di un unico magazzino (detto in genere CeDis, ossia Centro Distributivo), che svolge la totalità delle attività di manipolazione delle merci, escluso il trasporto.
Quindi esso:
- riceve la totalità delle merci che verrà poi distribuita nei punti vendita o ai clienti finali;
- provvede alla loro tenuta in stoccaggio;
- provvede alla lavorazione delle merci (controllo qualità, prelievo, imballo, kitting – cioè allestimento di kit o confezioni multi-prodotto come ad esempio cofanetti, raccolte, ecc, in base alle esigenze commerciali);
- provvede alla spedizione delle merci caricandole sugli automezzi in partenza.

Le destinazioni delle spedizioni possono essere i clienti finali, oppure i punti vendita, come negozi di proprietà, una rete in franchising, o negozi cosiddetti retail (ossia negozi per vendita al dettaglio multimarca).

Nel caso della rete centralizzata l’unico magazzino esistente richiede una rete di trasporto molto efficace. Infatti la minore diffusione di magazzini sul territorio aumenta le prestazioni richieste al servizio di trasporto. Esso infatti deve ovviare alle maggiori distanze esistenti tra il magazzino di partenza e il punto di consegna finale della merce. Di conseguenza, con una rete centralizzata, hanno maggiore incidenza gli investimenti e i costi di trasporto, e minore quelle legate al magazzinaggio e ai costi di tenuta delle scorte.

La rete distribuita
Essa prevede la presenza di più magazzini, in coordinamento reciproco, che servono la rete commerciale.
Spesso può esistere una gerarchia tra diversi magazzini, che ne fa prevalere uno sugli altri, ma nella sostanza, la presenza di stock di merci su tutti i magazzini, mantiene tali reti nella categoria della logistica su rete distribuita.
Questo caso è poco frequente nella reverse logistic, che fa generalmente capo a un unico magazzino di rientro, a causa dei volumi spesso ridotti legati a questa tipologia di logistica, che non giustificano magazzini più numerosi.

Nel caso della rete distribuita, ogni magazzino provvede autonomamente all’approvvigionamento, allo stoccaggio, alla lavorazione e alla spedizione dei prodotti nell’area geografica di sua competenza. Questo permette di avere la disponibilità del prodotto più vicina al luogo di utilizzo finale, e quindi di caricare meno la fase del trasporto.

In caso di esistenza di punti di transito, in cui avvengono solo operazioni di smistamento delle merci, senza presenza costante di stock di merci, la rete non è di tipo distribuito, ma centralizzato.
Dunque la differenza tra le due risiede nel fatto che, nella rete centralizzata lo stock di merci è concentrato nel CeDis, in quella distribuita è spalmata sui magazzini territoriali (primari o secondari).

Buona logistica!

Analizzare un sistema logistico – prima parte

La logistica si compone di elementi molto vari.
Analizzare un sistema logistico serve per trovare aree di miglioramento del servizio o di ottimizzazione dei costi.

Per condurne l’analisi è necessario definire il tipo di sistema: la logistica può essere percorsa nelle due direzioni, ed essere quindi una logistica distributiva, oppure di una logistica di ritorno (reverse logistic).

Inoltre, la rete logistica può essere strutturata secondo due differenti modelli, alternativi: si può avere una rete logistica centralizzata, oppure una rete logistica distribuita.
Affronteremo questa distinzione nella seconda parte del post.

Vediamo più nel dettaglio le differenze tra le due direzioni della logistica: logistica distributiva e logistica di ritorno.

Logistica distributiva
Distribuisce le merci dal produttore al consumatore.
Include le fasi di:
- approvvigionamento dei prodotti dai produttori;
- lavorazione della merce in magazzino (aggiunta di valore alle merci tramite operazioni di prelievo, kitting, imballo, rilavorazioni diverse);
- consegna alla rete di vendita (direttamente alle destinazioni finali oppure attraverso dei punti di transito – transit point – sul territorio).
I driver di servizio più importanti del ramo ascendente della logistica sono rappresentati dalla completezza e dalla puntualità delle consegne.
La completezza e la correttezza delle consegne garantiscono alle diverse fasi della filiera distributiva la mancanza di errori e dunque la rispondenza di articoli e quantità richiesti dalle fasi a valle.
La puntualità delle consegne garantisce che tali articoli e quantità corrette arrivino a destinazione nel momento giusto.

Il livello di servizio è quindi ben misurato da questi parametri di qualità.

Reverse logistic o logistica di ritorno
Il ramo discendente della logistica si occupa di recuperare i resi (invenduti) dalla rete di vendita, e di trattarli per recuperare valore per l’azienda.
In genere include le fasi di:
- recupero e concentrazione in un unico magazzino di lavorazione (fase di raccolta e trasporto);
- controllo di coerenza tra il reso dichiarato e il reso effettivo: questo poiché la rete di vendita potrebbe avere vantaggi nel dichiarare rese quantità maggiori dell’effettivo, ad alimentazione del “mercato nero”;
- reimmissione, a seguito del controllo e di eventuali altre lavorazioni, nella rete distributiva (sotto forma di promozioni o sconti) o tramite cessione a terzi.

Dunque in questo ramo logistico il parametro più importante è quello relativo alla qualità del controllo. Oltre alla capacità di effettuare lavorazioni che permettano di rendere nuovamente appetibile dal mercato un prodotto che già una prima volta è rimasto invenduto.

Vedremo nella seconda parte del post la distinzione tra logistica centralizzata e logistica distribuita.

Buona logistica!