Logistica industriale e Supply Chain

Molto spesso accade che si confondano tra loro due elementi che solo apparentemente sono identici. Parliamo di due visioni differenti della logistica, ossia di Logistica industriale e di Supply Chain.

Questi due elementi dell'azienda si riferiscono in realtà a differenti perimetri di attività, per i quali la Logistica industriale fa parte della Supply Chain. E' opportuno quindi distinguere gli ambiti di queste due materie, per evitare di incorrere nell'errore di confonderle.

Vediamo quindi le due definizioni corrette.

La Logistica industriale si può sintetizzare nella serie di attività, operative, gestionali e organizzative, che afferiscono sostanzialmente alla gestione dei magazzini (ultimamente definita con termine inglese warehousing). Quindi approfondisce, e persegue l'obiettivo di gestire al meglio gli spazi industriali destinati allo stoccaggio delle merci, gli impianti e i sistemi dedicati allo scarico dei beni e al loro immagazzinamento, le attrezzature e gli strumenti necessari per gestire il ciclo della merce interno all'azienda. Quindi ricevimento degli automezzi, immagazzinamento, allestimento degli ordini, e spedizione delle merci.
Si tratta quindi di gestire gli aspetti più operativi della logistica di magazzino, che si interfacciano a monte e a valle con le altre fasi del processo logistico.

La Supply Chain si occupa invece di gestire proprio questo più ampio perimetro di attività legate al ciclo delle merci aziendali, a partire dal loro acquisto fino a giungere alla consegna delle emrci ai clienti finali. Dunque, all'interno di questa attività ricadono:

- la gestione degli approvvigionamenti (quindi integrando o assorbendo l'Ufficio Acquisti)
- la gestione dei trasporti inbound (ossia l'arrivo dei rifornimenti di materie prime o prodotti finiti da produttori e/o terzisti)
- la gestione operativa del warehousing (sovrapponendosi alla Logistica industriale: stoccaggio e allestimento ordini)
- la gestione della distribuzione finale, o trasporti outbound (consegna ai clienti finali, oppure ai retailer o reseller)
- la gestione dei resi (per invenduto o per difetto del cliente: parte che si identifica in alcuni casi anche con il CRM - Customer Relationship Management - nell'aftermarket, integrandosi con l'Ufficio commerciale e vendite).

E' chiaro come quindi la Supply Chain possa coincidere, in alcuni tipi di aziende (per esempio nei settori di commercio, distribuzione o servizi) con la vera e propria Direzione Operations.

Approfondiremo ancora questo argomento.

Buona Logistica!

Outsourcing logistico: i perchè di una scelta

In questo post affronteremo la problematica della decisione relativa all'affidamento ad un operatore specializzato della fornitura dei servizi logistici.

Il servizio logistico di stoccaggio e distribuzione può essere svolto, da un'azienda, con strutture e strumenti propri, ed allora parliamo di insourcing logistico, o tramite i servizi garantiti da un operatore logsistico specializzato, ed allora parliamo di outsourcing logistico.

Quali sono i pro e i contro di ciascuna scelta? Abbiamo già visto in precedenza che la decisione "politica" di rivolgersi o meno ad un operatore logistico compete di solito alla top management aziendale, e si intende come una vera e propria scelta di campo: da un lato l'autonomia totale, dall'altro la dipendenza da un soggetto terzo. In ogni caso, una delle discriminanti che indirizzano le decisioni in una o nell'altra direzione è sempre quella dei costi logistici.
In merito a questo aspetto economico della gestione logistica, ipotizzando parità di condizioni relativamente alla qualità e tempestività del servizio, molto spesso le Direzioni aziendali applicano un'equazione tanto elementare quanto errata: si tende infatti a pensare che, in ogni caso, rivolgendosi ad un operatore specializzato, i costi unitari per la fornitura del servizio logistico siano minori.

Questo non è necessariamente vero, in quanto le diverse condizioni di allocazione delle risorse potrebbero generare un costo unitario, in caso di outsourcing, maggiore o uguale. In realtà il vero vantaggio dell'affidamento a terzi della logistica non sta in una certa ridizione dei costi, bensì in una sicura loro VARIABILIZZAZIONE.

Questo è un punto fondamentale: deve essere chiaro che avere un costo a tariffa per quantità di merce, rispetto ad avere dei costi fissi interni (che magari in un dato momento possono anche sembrare minori) permette fondamentalmente i seguenti vantaggi:

- scaricare sul terzo il rischio di calo dei volumi (e l'attuale congiuntura deve esserne di esempio)
- scaricare anche, all'opposto, il "rischio" di un'esplosione dei volumi: l'operatore dovrà essere in grado di supportarlo, senza che il committente debba fare costosi investimenti in infrastrutture e organizzazione
- rendere i costi logistici perfettamente budgettabili: infatti, conoscendo il costo della tariffa, diventa semplice applicarlo ai budget di vendite
- rendere i costi logistici perfettamente individuabili: spesso nelle aziende non si riesce ad avere la percezione precisa del perimetro logistico; nel caso di un contratto di outsourcing, essi sono facilmente identificabili sulla relativa commessa aziendale.

Torneremo ancora in seguito su vantaggi e svantaggi dell'outsourcing logistico.

Buona logistica!

Gli impianti per lo stoccaggio delle merci – seconda parte

Nella prima parte abbiamo visto le tipologie di strutture più semplici, costituite da elementi fissi che presuppongono l’utilizzo di servomezzi per la movimentazione delle unità di carico.
Vediamo un questa seconda parte gli impianti che hanno parti in movimento in supporto dei mezzi di movimentazione, o che svolgono completamente le attività di spostamento delle unità di carico.

Scaffalature compattabili
Si tratta di strutture mobili costituite da campate di scaffali che scorrono su binari a terra, e che rendono disponibili le ubicazioni di prelievo solo a seguito di movimento dello scaffale stesso.
Sono indicate per lo stoccaggio di merci a bassa rotazione, proprio a causa del ridotto indice di accessibilità alle ubicazioni; spesso sono utilizzate nello stoccaggio dei documenti cartacei.

Magazzini automatici
Si tratta di magazzini in cui lo stoccaggio avviene in strutture fisse, ma che vengono servite (in versamento o prelievo delle merci) da macchinari automatici.

Esistono diverse tipologie di magazzini automatici:
- magazzini verticali a carosello: si sviluppano in altezza, e possiedono cassetti di stoccaggio solidali con una catena: hanno tempi di versamento e prelievo abbastanza elevati, e sono dunque usati per basse rotazioni

- magazzini verticali ad ascensore: stesso principio di sviluppo in altezza, ma con la differenza che i cassetti di stoccaggio vengono movimentati indipendentemente da un ascensore centrale: ciò rende molto più veloce l’accesso alle merci, oltre a rendere possibile la programmazione delle movimentazioni nella ricerca del minore tempo-ciclo


- magazzini serviti da trasloelevatori: si tratta di magazzini a scaffalatura portapallet, spesso autoportanti, in cui le movimentazioni orizzontali e verticali dei carichi vengono svolte da colonne robotizzate dotate di forche e binario di traslazione: i carichi vengono posizionati e prelevati, a unità di carico intera (pallet o cassetti), tramite letture di codici a barre in concomitanza delle celle di destinazione, mentre tutte le operazioni di traslazione, ciclo forche e messa a disposizione delle merci sono svolte da motori elettrici coordinati da un software specifico. Permettono di ottimizzare i carichi di lavoro IN e OUT dal magazzino, mentre per contro, una volta realizzati, sono di difficile ampliamento, a meno di aggiungere nuove corsie


- magazzini serviti da navette su binari: sono l’ultimo ritrovato in termini di automazione di magazzino: si tratta di infrastrutture che possono essere adattate a magazzini già esistenti, inserendo scaffali dotati di binari di circolazione ove operano delle navette comandate elettronicamente, per la movimentazione di pallet interi. Si stanno implementando adesso i primi impianti di questo tipo: hanno il vantaggio di richiedere investimenti inferiori di quelli richiesti dai magazzini automatici, ma, essendo adattati a layout pre-esistenti, hanno valori di produttività inferiori.

Buona logistica!

Gli impianti per lo stoccaggio delle merci – prima parte

Lo stoccaggio delle merci rappresenta la cosiddetta fase statica della logistica.

Esso si manifesta all’interno dei magazzini di stoccaggio, ossia dove è previsto che la merce sia presente per tempo prolungato, ossia dove vi sia stock di beni. Non rientra in questo caso il magazzino di transito (transit point), dove la merce non deve giacere per lungo tempo: esso infatti è strutturato per ricevere, smistare, consolidare e ricaricare le merci in un breve lasso di tempo.

Nel caso del transit point dunque non sono necessarie particolari strutture per la tenuta delle merci; nel caso dei magazzini di stoccaggio occorre invece studiare e progettare strutture specifiche per la messa a dimora delle merci. Queste strutture variano a seconda della tipologia delle merci da stoccare (tipicamente in funzione di pesi e volumi), oltre che delle necessità operative richieste al magazzino (per esempio, indice di accessibilità alle merci, frequenza di accesso, presenza di particolari attrezzature di movimentazione, eccetera).

Vediamo le diverse tipologie di strutture per stoccaggio, indicandone l’uso più indicato.

Scaffalature portapallet
E’ la struttura ideale per gestire merce pallettizzata con elevate quantità di referenze di prodotto. Semplice da gestire, poco costoso da impiantare e mantenere, rappresenta la soluzione più frequente, fornendo un ottimo punto di incontro tra prestazioni e costi. I punti di forza operativi sono la flessibilità di impiego e l’indice di accessibilità massimo (tutta la merce è accessibile senza doverne movimentare altra). Richiede l’utilizzo di carrelli elevatori frontali o a montante retrattile.

Scaffalature drive-in
Questo tipo di scaffalatura è la migliore soluzione per lo stoccaggio di merce pallettizzata omogenea per codice a lenta rotazione, secondo la logica di gestione stock LIFO (Last In First Out). Consente uno sfruttamento specifico dello spazio al massimo livello, garantendo d’altra parte una accessibilità massima per codice di prodotto, anche se limitata per unità di movimentazione (handling unit). Richiede l’utilizzo di carrelli elevatori frontali.

Scaffalature a gravità
Si tratta dell’impianto migliore per gestire la rotazione automatica delle unità di carico per merci omogenee per articolo secondo la logica di gestione stock FIFO (First In First Out). E’ costituito da una scaffalatura simile a quella utilizzata per il drive-in, dotata di corsie di scorrimento a rulli, in pendenza dal punto di inserimento dell’unità di carico verso il punto di estrazione dell’unità di carico. In tale modo il rifornimento di nuova merce avviene sempre da un lato, e l’estrazione da quello opposto, mentre i pallet vengono rallentati da sistemi meccanici lungo le corsie di scorrimento.
Esiste anche la variante per gestione stock a FIFO, chiamato push- back.

Vedremo nella seconda parte le strutture dotate di parti in movimento, utilizzate per la parziale o totale movimentazione delle unità di carico.

Buona logistica!

L’impostazione di metodo nella gestione delle scorte

Nel post precedente abbiamo tratteggiato quali risultati si possano ottenere dalla gestione ottimale delle scorte, valutando che esse sono sia un costo che un’opportunità per l’azienda.
In questo post analizziamo più nel dettaglio il metodo da impostare per ottenere proprio questo miglioramento nella loro gestione.

Come è noto, le principali finalità di un buon sistema di gestione delle scorte sono due:
- assicurare all’utilizzatore l’esistenza a magazzino (disponibilità) dei materiali necessari all’attività industriale nel momento in cui essi necessitano;
- contenere al minimo i volumi di merce giacente (immobilizzi), gli oneri di gestione (costi di magazzino) e quelli di conferimento degli ordinativi ai fornitori (costi di approvvigionamento).

Tali contemporanee finalità, di per sé contrastanti, possono essere conciliate mediante l’uso combinato di metodologie specifiche e di strumenti opportuni, che permettono a loro volta di agire su due fronti:
- pianificare gli approvvigionamenti dimensionando i fabbisogni di materiale sulla base di analisi statistiche, storiche e previsionali, ed effettuare i riordini a cadenza programmata;
- gestire il magazzino in logica di flusso tenendo sotto controllo continuo gli specifici indici gestionali (indici di rotazione, livelli di scorta minima, lead time dei fornitori, eccetera).

La scelta della logica di pianificazione dei fabbisogni dipende da fattori locali, differenti per tipo di azienda e di processo di trasformazione, migrando dal classico modello MRP (Material Requirement Planning, che mette in fila gli «appuntamenti» a ritroso partendo dalla data prevista di disponibilità finale e arrivando a definire le singole date iniziali di emissione degli ordini di approvvigionamento) al più evoluto concetto di «transito a flusso», derivante dall’applicazione della metodologia JIT.

Il buon senso comunque insegna che la prima cosa da farsi è la suddivisione dei materiali per fase a ciclo (materie prime, semilavorati, componenti finiti) e per categoria di utilizzo (consumo corrente, per commessa, ricambistica, articoli declassati e scarti, ausiliari, ecc.).

Bisogna quindi definire e dimensionare correttamente per singolo codice i valori dei parametri caratteristici (consumo annuo, giacenza media, classificazione ABC, Lead Time di approvvigionamento, unità di imballaggio, lotto di approvvigionamento o di produzione, livello di scorta di sicurezza, punto di riordino, eccetera), secondo gli algoritmi di calcolo e di contabilizzazione standard proposti da qualsiasi procedura informatica dedicata.

Occorre poi fare il bilancio di convenienza costi / opportunità.
Si sa che il rischio è insito in ogni scelta, compresa quella di mantenere o meno livelli cautelativi di scorta. È importante quindi valutare i pro e i contro di una possibile decisione a riguardo, anche attraverso una semplice stima delle implicazioni economiche a fronte di azioni tecniche. Occorre individuare un punto di equilibrio, che si trova in corrispondenza al valore minimo della somma dei costi da sopportare in funzione del livello di garanzia del servizio che si richiede alla presenza di scorte.

Un chiaro esempio su quanto esposto può essere costituito dal metodo conosciuto come matrice incrociata ABC scorte-fatturato, applicabile a qualsiasi tipologia di scorta e finalizzato a ricavare una serie di indicazioni utili sia per ritarare le politiche di gestione delle scorte che per ridurre il valore del montescorte.

In pratica, classificando il fatturato secondo il criterio ABC della nota legge di Pareto, si ottengono tre categorie di prodotti approssimativamente così suddivisi:
- classe A: il 20% del numero di codici costituisce l’80% del valore di fatturato;
- classe B: il 30% del numero costituisce il 15% del valore;
- classe C: il restante 50% del numero costituisce il residuo 5% del valore.

Applicando lo stesso processo di calcolo al montescorte (valore di giacenza media dell’anno per codice) si ottengono tre categorie analoghe alle precedenti (A = 20% del numero di codici pari all’80% del valore di montescorte). A questo punto «incrociando» le due classificazioni si ottiene l’appartenenza di ogni singolo codice ad una delle nove possibili combinazioni di classe scorte-fatturato, da AA (classe A di fatturato, classe A di scorte) ad AB, AC, BA, ecc. fino a CC.

Si può dimostrare che ognuna delle appartenenze risultanti evidenzia situazioni ben precise e propone soluzioni quali ad esempio:
- classi AA e BA: gestione ottimale prossima a metodologia Just in Time;
- classi AB, BB, BC: consigliata la gestione a punto di riordino;
- classe AC: consigliata l’eliminazione del prodotto (in alternativa gestione per commessa);
- classi CA e CB: necessita il controllo continuo e sistematico dei parametri caratteristici;
- classe CC: nessun problema di gestione.

Non va dimenticato che la matrice è dinamica, cioè variabile nel tempo. È quindi consigliabile utilizzarla periodicamente, per verificarne le modifiche di contenuti per classe. Ed è proprio dallo studio di queste migrazioni interne che si sviluppano le azioni più efficaci di miglioramento della gestione e di riduzione delle scorte.

Queste considerazioni, sempre opportunamente interpretate, forniscono sempre una traccia di come impostare la gestione scorte nei casi reali.

Buona logistica!

Gestire le scorte di magazzino: recuperare redditività correggendo i parametri

In questo e nel prossimo post torneremo sull’argomento della gestione delle scorte. Esso rappresenta una parte importantissima nella gestione della logistica, e ancora di più in momenti di ricerca dell’efficienza aziendale come quelli attuali.

In questo post daremo una visione di massima di quanto valore possa portare all’azienda la migliore gestione delle scorte; nel prossimo vedremo invece come impostare il metodo di gestione, e illustreremo una metodologia di analisi incrociata fatturato/scorte.

Nel recente passato il frequente fallimento di tentativi di applicare il metodo JIT (Just in Time, cioè con scorte tendenti a zero) a realtà di piccola e media impresa ha portato alla revisione degli approcci più estremistici. La realtà dei fatti ha dimostrato invece che la presenza di una certa quantità di scorte in un’azienda è il più delle volte, malgrado gli inconvenienti che essa comporta, utile se non addirittura indispensabile. Ma poiché le scorte costano, è necessaria una oculata gestione che ne garantisca il migliore uso.


Rimane inteso che qualsiasi scorta che sia costituita per uno scopo diverso da quello che esce strettamente dalla specifica definizione (scorta = quantità di materiale in attesa di prossimo impiego che permette di rifornire l’utilizzatore su sua richiesta senza attesa di produzione o consegna da parte di fornitore terzo) o dalla ricerca di vantaggi diversi non costituisce oggetto di gestione delle scorte.


Non si accumula per accumulare nè per crearsi illusioni di economia di scala (non è necessariamente vero che «compro di più così pago di meno»). L’unica giustificazione dell’esistenza di una scorta è la sincronizzazione dei flussi delle consegne a quelli del consumo.


Molto spesso la questione delle scorte in talune aziende, peraltro dinamiche su altri fronti ed attente all’ottimizzazione dei propri fattori produttivi, appare circondata da un alone di mistero. Da gestioni poco “ della presenza dei cosiddetti «cadaveri» (componenti obsoleti), sia l’ineluttabilità dei «mancanti» (rotture di stock) e di ricorrenti differenze inventariali. In realtà di misterioso non c’è proprio nulla e di veramente inevitabile ben poco, mentre è evidente la possibilità di recuperare redditività correggendo i parametri gestionali.


Non è raro infatti che l’ammontare annuale degli approvvigionamenti di materiale risulti prossimo al 50% del giro d’affari, mentre la giacenza media delle scorte si assesti intorno al 20% dello stesso. In tali condizioni risparmi anche solo del 10% su tali valori possono incidere in misura significativa, pari a diversi punti del margine lordo aziendale.


Una sana gestione degli approvvigionamenti e degli stock può e deve essere realizzata in tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione, mediante accorgimenti facili da adottare, poco costosi ma idonei a ridurre i costi logistici.


Buona Logistica!

Analizzare un sistema logistico – seconda parte

Nella prima parte abbiamo visto la distinzione tra i due rami della logistica, quello ascendente (dal produttore al consumatore, detto Logistica Distributiva), e quello discendente (dal consumatore al produttore, detto Reverse Logistic o logistica inversa).
Entrambi i rami logistici possono poi essere costituiti secondo diversi modelli, che si riconducono a due concetti di base: la rete logistica centralizzata e la rete logistica distribuita.

Questi modelli differiscono per la struttura di base, e per la differente collocazione degli investimenti e dei costi. Li vediamo più nel dettaglio.

La rete centralizzata
Essa è basata sull’esistenza di un unico magazzino (detto in genere CeDis, ossia Centro Distributivo), che svolge la totalità delle attività di manipolazione delle merci, escluso il trasporto.
Quindi esso:
- riceve la totalità delle merci che verrà poi distribuita nei punti vendita o ai clienti finali;
- provvede alla loro tenuta in stoccaggio;
- provvede alla lavorazione delle merci (controllo qualità, prelievo, imballo, kitting – cioè allestimento di kit o confezioni multi-prodotto come ad esempio cofanetti, raccolte, ecc, in base alle esigenze commerciali);
- provvede alla spedizione delle merci caricandole sugli automezzi in partenza.

Le destinazioni delle spedizioni possono essere i clienti finali, oppure i punti vendita, come negozi di proprietà, una rete in franchising, o negozi cosiddetti retail (ossia negozi per vendita al dettaglio multimarca).

Nel caso della rete centralizzata l’unico magazzino esistente richiede una rete di trasporto molto efficace. Infatti la minore diffusione di magazzini sul territorio aumenta le prestazioni richieste al servizio di trasporto. Esso infatti deve ovviare alle maggiori distanze esistenti tra il magazzino di partenza e il punto di consegna finale della merce. Di conseguenza, con una rete centralizzata, hanno maggiore incidenza gli investimenti e i costi di trasporto, e minore quelle legate al magazzinaggio e ai costi di tenuta delle scorte.

La rete distribuita
Essa prevede la presenza di più magazzini, in coordinamento reciproco, che servono la rete commerciale.
Spesso può esistere una gerarchia tra diversi magazzini, che ne fa prevalere uno sugli altri, ma nella sostanza, la presenza di stock di merci su tutti i magazzini, mantiene tali reti nella categoria della logistica su rete distribuita.
Questo caso è poco frequente nella reverse logistic, che fa generalmente capo a un unico magazzino di rientro, a causa dei volumi spesso ridotti legati a questa tipologia di logistica, che non giustificano magazzini più numerosi.

Nel caso della rete distribuita, ogni magazzino provvede autonomamente all’approvvigionamento, allo stoccaggio, alla lavorazione e alla spedizione dei prodotti nell’area geografica di sua competenza. Questo permette di avere la disponibilità del prodotto più vicina al luogo di utilizzo finale, e quindi di caricare meno la fase del trasporto.

In caso di esistenza di punti di transito, in cui avvengono solo operazioni di smistamento delle merci, senza presenza costante di stock di merci, la rete non è di tipo distribuito, ma centralizzato.
Dunque la differenza tra le due risiede nel fatto che, nella rete centralizzata lo stock di merci è concentrato nel CeDis, in quella distribuita è spalmata sui magazzini territoriali (primari o secondari).

Buona logistica!

Analizzare un sistema logistico – prima parte

La logistica si compone di elementi molto vari.
Analizzare un sistema logistico serve per trovare aree di miglioramento del servizio o di ottimizzazione dei costi.

Per condurne l’analisi è necessario definire il tipo di sistema: la logistica può essere percorsa nelle due direzioni, ed essere quindi una logistica distributiva, oppure di una logistica di ritorno (reverse logistic).

Inoltre, la rete logistica può essere strutturata secondo due differenti modelli, alternativi: si può avere una rete logistica centralizzata, oppure una rete logistica distribuita.
Affronteremo questa distinzione nella seconda parte del post.

Vediamo più nel dettaglio le differenze tra le due direzioni della logistica: logistica distributiva e logistica di ritorno.

Logistica distributiva
Distribuisce le merci dal produttore al consumatore.
Include le fasi di:
- approvvigionamento dei prodotti dai produttori;
- lavorazione della merce in magazzino (aggiunta di valore alle merci tramite operazioni di prelievo, kitting, imballo, rilavorazioni diverse);
- consegna alla rete di vendita (direttamente alle destinazioni finali oppure attraverso dei punti di transito – transit point – sul territorio).
I driver di servizio più importanti del ramo ascendente della logistica sono rappresentati dalla completezza e dalla puntualità delle consegne.
La completezza e la correttezza delle consegne garantiscono alle diverse fasi della filiera distributiva la mancanza di errori e dunque la rispondenza di articoli e quantità richiesti dalle fasi a valle.
La puntualità delle consegne garantisce che tali articoli e quantità corrette arrivino a destinazione nel momento giusto.

Il livello di servizio è quindi ben misurato da questi parametri di qualità.

Reverse logistic o logistica di ritorno
Il ramo discendente della logistica si occupa di recuperare i resi (invenduti) dalla rete di vendita, e di trattarli per recuperare valore per l’azienda.
In genere include le fasi di:
- recupero e concentrazione in un unico magazzino di lavorazione (fase di raccolta e trasporto);
- controllo di coerenza tra il reso dichiarato e il reso effettivo: questo poiché la rete di vendita potrebbe avere vantaggi nel dichiarare rese quantità maggiori dell’effettivo, ad alimentazione del “mercato nero”;
- reimmissione, a seguito del controllo e di eventuali altre lavorazioni, nella rete distributiva (sotto forma di promozioni o sconti) o tramite cessione a terzi.

Dunque in questo ramo logistico il parametro più importante è quello relativo alla qualità del controllo. Oltre alla capacità di effettuare lavorazioni che permettano di rendere nuovamente appetibile dal mercato un prodotto che già una prima volta è rimasto invenduto.

Vedremo nella seconda parte del post la distinzione tra logistica centralizzata e logistica distribuita.

Buona logistica!

La logistica, volano della ripresa economica

Nel post di oggi parliamo della logistica come attore fondamentale della ripresa economica.
La logistica rappresenta la parte operativa del mercato, gestendo le giacenze delle merci e la loro distribuzione ai consumatori.
Di conseguenza la catena distributiva è quella che più di ogni altro settore percepisce le variazioni della congiuntura economica, riducendo drasticamente i suoi volumi nei momenti di stasi dei mercati, e viceversa registrando grandi e repentini aumenti in concomitanza dei momenti di crescita economica.

Si tratta di un fenomeno che si registra anche in coincidenza dei momenti di massima attività commerciale durante l’anno, primo fra tutti il Natale, oltre che in quelli di lancio di prodotti sul mercato, o al cambio delle stagionalità.

Di seguito trovate il link a un interessantissimo articolo di Federico Rampini, giornalista e corrispondente de La Repubblica dall’estremo oriente e dall’America, che racconta, in termini stupefatti, della visita al gigantesco hub americano della più famosa multinazionale attiva nella logistica, FedEx.

Per raccontare quanto la visita a uno dei cuori pulsanti della logistica mondiale possa dare il polso, visivamente e fisicamente, dello stato di salute dell’economia su scala globale.


Buona lettura e… buona logistica!

Gestione delle scorte: costi e benefici

La problematica della gestione delle scorte fa parte del controllo del flusso e degli accumuli intermedi delle merci all'interno del processo distributivo. Gestire le scorte significa porsi un obiettivo duplice, le cui facce si pongono in contraddizione: da un lato si ricerca la minimizzazione del costo di mantenimento a magazzino dei materiali, dall’altro si deve garantire al tempo stesso la necessaria regolarità di funzionamento alla filiera distributiva.

A scorte basse corrisponderà un costo minore, ma anche possibili irregolarità di erogazione delle merci lungo la filiera; viceversa, a scorte alte corrisponderà un maggiore costo di mantenimento ma anche una riduzione delle discontinuità di attraversamento del processo logistico da parte della merce.
Questo perché i costi e i benefici di tenuta scorte sono i seguenti.

Costi
Costo finanziario: acquistare scorte significa “congelare” denaro in esistenze di materiali, che possono essere riconvertite in denaro solo nel momento in cui il mercato le richiede: c’è dunque un possibile “mancato guadagno” derivante dalla non utilizzabilità alternativa della liquidità investita in scorte, e addirittura può esserci un indebitamento per il pagamento dei fornitori, che genera interessi passivi.
Costo operativo: maggiore è la quantità di materiale che si tiene a scorta, maggiori sono le infrastrutture necessarie per gestire la scorta stessa: magazzini per lo stoccaggio, impianti e mezzi di movimentazione per la gestione quotidiana dei materiali. Inoltre, in caso di sovra-saturazione fisica dei magazzini, l’eccedenza di materiali si tramuta anche in costi operativi aggiuntivi, dovuti alle continue movimentazioni dei materiali per l’handling quotidiano, e all’aumento della possibilità di errori.

Benefici
Disponibilità delle merci: scorte elevate garantiscono la disponibilità delle merci per la vendita ai clienti, fattore decisivo in molti settori (tipico il caso del canale Retail, in cui la differenza tra un rivenditore e l’altro risiede spesso nella disponibilità immediata dei beni). Avere scorte elevate, inoltre, “nasconde” le irregolarità di funzionamento della catena distributiva, facendo percepire al mercato una logistica fluida e senza scossoni.
Minori costi di acquisto: acquistare grossi lotti di merci garantisce solitamente un prezzo unitario di acquisto inferiore. Per questo si procede spesso ai cosiddetti acquisti speculativi, ove la quantità (e il prezzo di acquisto) non rispondono a criteri logistici, ma a criteri commerciali.

Torneremo presto a parlare di scorte.

Buona logistica!

Misurare la produttività logistica

Una necessità fondamentale per le aziende è quella di misurare l’efficienza dei processi produttivi, interni ed esterni all’azienda stessa.
Anche per le operazioni logistiche, questa necessità deve essere soddisfatta, relativamente alle attività interne e a quelle esterne al magazzino.

Occorre quindi definire dei parametri di produttività logistica, che mostrino in maniera chiara e completa il livello di efficienza presente nella gestione della catena logistica.
Per produttività si deve intendere la misura dell'efficienza di utilizzo delle risorse logistiche: magazzini, attrezzature, uomini, sistemi, automezzi.
Di seguito una lista degli indicatori maggiormente utilizzati, e maggiormente indicativi, per il monitoraggio delle attività logistiche, di magazzinaggio e di trasporto.

Attività di magazzinaggio
Nell’ambito del magazzino, i parametri fondamentali sono quelli di:
- produttività delle operazioni: misurata generalmente in righe/giorno o righe/ora uomo, definiscono la resa della manodopera di magazzino, per il ricevimento merci, lo stoccaggio e la preparazione degli ordini;
- saturazione del magazzino: rappresenta la % di occupazione dei volumi disponibili a magazzino da parte delle merci; più è vicina al 100%, più ci si trova in una situazione di sfruttamento ottimale della capacità statica di stoccaggio del magazzino; se supera il 100%, ci troviamo in una situazione di sovra-saturazione, che può provocare inefficienze operative anche gravi e costose;
- rotazione del magazzino: indica quante volte, in valore, un magazzino “gira” in un anno; il reciproco indica la durata media di giacenza delle merci in magazzino; per ridurre le immobilizzazioni finanziarie e evitare obsolescenze, è opportuno che la durata media di giacenza sia la minore possibile.

Attività di trasporto
Nell’ambito del trasporto, gli indicatori possono essere molto vari, ma tutti riconducibili ad un concetto fondamentale:
- costo unitario del trasporto: indica quante risorse economiche sono assorbite per la consegna dell’unità di valore di merce (per esempio, per ogni euro di valore consegnato, il trasporto assorbe 10 centesimi: il costo unitario di trasporto è pari al 10% del valore trasportato).


Il compito del gestore della logistica è di analizzare lo stato della propria catena logistica, e di elaborare innovazioni e soluzioni che permettano di ottenere miglioramenti dei diversi indicatori di produttività.

Torneremo di nuovo sul tema della misura della produttività nell’ambito della catena logistica.

Buona logistica!

La gestione delle scorte durante la crisi

In questi ultimi mesi abbiamo tutti sentito parlare di crisi e di ricette per passarla indenne.
Le aziende si sono mosse per trovare, spesso da sole, le contromisure gestionali da opporre alla congiuntura, dal punto di vista commerciale, di gestione della produzione, degli acquisti, e anche della logistica.

Oltre ai costi logistici correnti (operatività dei magazzini, trasporti), una spesso elevata voce di costo della funzione logistica di molte aziende, commerciali o manifatturiere, risiede nel costo delle scorte.

Avere scorte elevate produce costi operativi (maggiori movimentazioni) e costi finanziari (congelamento di liquidità sotto forma di materiali a scorta). Nel periodo di crisi i costi operativi possono essere gestiti e fatti calare intervenendo sulla flessibilità del personale e delle attrezzature di magazzino. I costi delle scorte sono gestibili con maggiore difficoltà, dato che, nel momento di crisi del mercato, si assiste a una stagnazione delle vendite, con conseguente accumulo di scorte di materiali, se non si interviene tempestivamente.

Occorre considerare il magazzino, e la logistica in generale, con una logica di flusso. Considerare tutti i momenti di transito e i luoghi di stoccaggio come parti di un flusso di merci, che si muove e a volte si ferma in attesa del movimento successivo. Quindi, in un momento in cui il mercato assorbe minori volumi, occorrerà ridurre anche la portata degli approvvigionamenti, per non correre il rischio di sovra-saturare i magazzini.
Dunque in generale, nel momento di crisi occorre di solito ridurre le scorte, per ridurre il capitale circolante, ridurre i rischi di obsolescenza della merce ed evitare extra-costi operativi causati dalla eccessiva saturazione del magazzino.

Ci sono però delle eccezioni: riguardano le scorte di merci (prodotti finiti e semilavorati) di diretta derivazione dalle materie prime, e il cui costo di acquisto, nei momenti di crisi, si riduce proprio a causa della stagnazione dei mercati.
In pratica, se si ha liquidità finanziaria adeguata, il momento di crisi può diventare quello in cui sfruttare il calo dei prezzi sui mercati, effettuando acquisti speculativi, mettendo in pratica acquisti consistenti a prezzi unitari minori, ottenendo quindi delle economie importanti. E’ importante che le materie acquistate in questi momenti, però, non abbiano periodi di obsolescenza brevi, poiché in caso contrario il risparmio ottenuto con l’acquisto speculativo sarebbe annullato dalla lentezza di assorbimento dei materiali da parte del mercato, provocando appunto l’obsolescenza delle merci e quindi una perdita finanziaria secca.

Approfondiremo ancora il tema della gestione delle scorte.

Buona logistica!